Entro e so già che mi guarderò allo specchio, dove vedrò riflessa la figura di mia madre sul cui modello si sta plasmando il mio corpo, come se fossi argilla contenuta in una forma.


“Lontananza” di Vidgis Hjorth è stato un po’ un modo, per me, di uscire dalla comfort zone. È un libro emotivo, intimistico, che ha l’intento di sconvolgerti e turbarti al momento della lettura. Ma di cosa parla? Johanna ha 60 anni quando torna in Norvegia, nella sua città natale, e sono passati 30 anni dall’ultima volta che ha parlato con la famiglia. Nel mezzo è morto il padre, e lei ha lasciato un telegrafico messaggio di condoglianze, senza nemmeno presenziare ai funerali. A Johanna, però, preme parlare con la madre, e l’essere nella sua stessa città la smuoverà da tutti i punti di vista.
La narrazione è in prima persona, una prima persona che si sente proprio di pancia, perché qui Johanna ci fa proprio spazio tra i suoi pensieri. Ci dice tutte le sue congetture, tutte le idee che si è fatta della nuova versione di sua madre, ci mostra le sue teorie (sarà forse la sorella che impedisce alla madre di risponderle al telefono?) e fa un lavoro di scavo nel suo passato insieme a noi. I dialoghi sono praticamente assenti, perché sembrano essere inglobati nella prosa con una sorta di flusso di coscienza.
Questo è molto d’impatto. Come lo sono i capitoli brevi, secchi, decisi. Come lo è il trascinante sentimentalismo che trasuda in ogni parola. Anche un piccolo oggetto, un vecchio gingillo, può scatenare un maremoto nella mente della protagonista.
Altra nota positiva è la caratterizzazione della madre di Johanna, narrata dai suoi ricordi, in ogni suo impercettibile movimento. Vediamo la madre che lei vedeva quando era piccola, la nemica che è diventata dopo, e le possibili versioni che s’immagina Johanna. Eppure, nonostante questo, la sua figura risulta molto chiara, per noi lettori, e molto poco chiara per Johanna, che sembra non riuscire ad accettare l’ovvio davanti ai suoi occhi.
Il vero problema di questo romanzo, è che è talmente ricco di introspezione e sentimentalismo ed emotività e congetture mentali, che è praticamente privo di trama. E quindi, per quanto la lettura risulti piacevole e interessante, è difficile pescare dal libro e dire “Voglio sapere cosa succede”. Il confronto tra le due sembra non arrivare mai.
È un buon libro, per il suo genere, e che verso la fine ha saputo coinvolgermi maggiormente. È scritto bene, e su questo non ci sono dubbi, ma gli intrighi famigliari che potevano tenere attaccati alle pagine sono stati sacrificati per un’analisi psicologica più dettagliata.
In definitiva, mi sento di dare ⭐️⭐️⭐️,5/5.

Svært svært god bok fra Vigdis Hjorth dette. Hun er en mester i å beskrive dysfunksjonelle/spesielle/utfordrende mor/datter forhold, og dette må være ei av de aller beste bøkene jeg har lest fra forfatteren. Og jeg har så langt lest ti av bøkene hennes. Anbefales sterkt!!

Sain Hjorth-kuumeen edellisestä teoksesta, joten tähän oli pakko tarttua pikimmiten. Onko äiti kuollut ei emotionaalisesti yltänyt mielestäni täysin samoihin sfääreihin kuin [b:Perintötekijät|50694645|Perintötekijät|Vigdis Hjorth|https://i.gr-assets.com/images/S/compressed.photo.goodreads.com/books/1580157102l/50694645._SY75_.jpg|52696208], joskin jälkimmäinen oli minulle niin järisyttävä kokemus, että se on ehkä hyväkin asia. Tästä teoksesta puuttui ehkä sellainen keskeinen, selkeähkö konflikti, jonka ympärillä narratiivi olisi voinut pyöriä. Nyt saatiin ehkä palasia sellaisesta, muttei koko kuvaa. Se oli varmasti Hjorthin tarkoituskin, mutta minulle lukijana toimii hieman selkeämpi, ehyempi kokonaisuus. Tunteellinen lataus on kuitenkin Hjorthin proosassa valtava, ja teoksen "kliimaksi" sai minut lähes haukkomaan henkeäni. En voi sanoa nauttineeni lukukokemuksesta, sillä Hjorthin teokset ovat raskaita eivätkä tyypillisellä tavalla nautittavia, mutta Onko äiti kuollut oli kuitenkin lukukokemuksena hieno, syvällinen, erittäin inhimillinen. Toivottavasti Hjorthin teoksia käännettäisiin lisää, tätä tarvitsen enemmän.

4.5*

My second Hjorth, and it's the second novel about older woman's estrangement from her parents. Nothing as sinister as in Will and Testament this time around, but the focus on the maternal figure is present again...albeit stronger. This time the estrangement occurred in phases. Phase 1: our narrator left her husband for another man and moved to Utah to focus on her art. Phase 2: A retrospective of her art in her hometown featured artworks, Child and Mother 1 and 2, the details of which we are not told but apparently are disturbing enough to bring shame to her family and her mother in particular; Phase 3, after her father's illness and death, she does not show up for the funeral, deeply wounding her mother.

These three combine to create a total estrangement and resentment.

The bulk of the novel concerns our protagonist going back home after her second husband has passed away and her efforts to...I don't want to say reconcile, but maybe reconnect with or even understand her mother. We get snippets of her past that, honestly, don't seem too bad. She was a budding artist, her father didn't take it too seriously, her mother kind of did but was really under the father's thumb. The mother character was an interesting one, sort of jumpy, afraid of her husband, and , as it's revealed late in the book, a closet cutter/self-harmer. I don't know what our protagonist hoped to get our of demanding/forcing a confession from her mother about the self-harm, and I could see how her mother would see this as really harassing behavior. Their final confrontation built up dramatically and that scene was easily the best, most tension-filled in the book.

This is a great, domestic drama.