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A review by matibingereading
Lontananza by Vigdis Hjorth
3.0
Entro e so già che mi guarderò allo specchio, dove vedrò riflessa la figura di mia madre sul cui modello si sta plasmando il mio corpo, come se fossi argilla contenuta in una forma.
“Lontananza” di Vidgis Hjorth è stato un po’ un modo, per me, di uscire dalla comfort zone. È un libro emotivo, intimistico, che ha l’intento di sconvolgerti e turbarti al momento della lettura. Ma di cosa parla? Johanna ha 60 anni quando torna in Norvegia, nella sua città natale, e sono passati 30 anni dall’ultima volta che ha parlato con la famiglia. Nel mezzo è morto il padre, e lei ha lasciato un telegrafico messaggio di condoglianze, senza nemmeno presenziare ai funerali. A Johanna, però, preme parlare con la madre, e l’essere nella sua stessa città la smuoverà da tutti i punti di vista.
La narrazione è in prima persona, una prima persona che si sente proprio di pancia, perché qui Johanna ci fa proprio spazio tra i suoi pensieri. Ci dice tutte le sue congetture, tutte le idee che si è fatta della nuova versione di sua madre, ci mostra le sue teorie (sarà forse la sorella che impedisce alla madre di risponderle al telefono?) e fa un lavoro di scavo nel suo passato insieme a noi. I dialoghi sono praticamente assenti, perché sembrano essere inglobati nella prosa con una sorta di flusso di coscienza.
Questo è molto d’impatto. Come lo sono i capitoli brevi, secchi, decisi. Come lo è il trascinante sentimentalismo che trasuda in ogni parola. Anche un piccolo oggetto, un vecchio gingillo, può scatenare un maremoto nella mente della protagonista.
Altra nota positiva è la caratterizzazione della madre di Johanna, narrata dai suoi ricordi, in ogni suo impercettibile movimento. Vediamo la madre che lei vedeva quando era piccola, la nemica che è diventata dopo, e le possibili versioni che s’immagina Johanna. Eppure, nonostante questo, la sua figura risulta molto chiara, per noi lettori, e molto poco chiara per Johanna, che sembra non riuscire ad accettare l’ovvio davanti ai suoi occhi.
Il vero problema di questo romanzo, è che è talmente ricco di introspezione e sentimentalismo ed emotività e congetture mentali, che è praticamente privo di trama. E quindi, per quanto la lettura risulti piacevole e interessante, è difficile pescare dal libro e dire “Voglio sapere cosa succede”. Il confronto tra le due sembra non arrivare mai.
È un buon libro, per il suo genere, e che verso la fine ha saputo coinvolgermi maggiormente. È scritto bene, e su questo non ci sono dubbi, ma gli intrighi famigliari che potevano tenere attaccati alle pagine sono stati sacrificati per un’analisi psicologica più dettagliata.
In definitiva, mi sento di dare ⭐️⭐️⭐️,5/5.
“Lontananza” di Vidgis Hjorth è stato un po’ un modo, per me, di uscire dalla comfort zone. È un libro emotivo, intimistico, che ha l’intento di sconvolgerti e turbarti al momento della lettura. Ma di cosa parla? Johanna ha 60 anni quando torna in Norvegia, nella sua città natale, e sono passati 30 anni dall’ultima volta che ha parlato con la famiglia. Nel mezzo è morto il padre, e lei ha lasciato un telegrafico messaggio di condoglianze, senza nemmeno presenziare ai funerali. A Johanna, però, preme parlare con la madre, e l’essere nella sua stessa città la smuoverà da tutti i punti di vista.
La narrazione è in prima persona, una prima persona che si sente proprio di pancia, perché qui Johanna ci fa proprio spazio tra i suoi pensieri. Ci dice tutte le sue congetture, tutte le idee che si è fatta della nuova versione di sua madre, ci mostra le sue teorie (sarà forse la sorella che impedisce alla madre di risponderle al telefono?) e fa un lavoro di scavo nel suo passato insieme a noi. I dialoghi sono praticamente assenti, perché sembrano essere inglobati nella prosa con una sorta di flusso di coscienza.
Questo è molto d’impatto. Come lo sono i capitoli brevi, secchi, decisi. Come lo è il trascinante sentimentalismo che trasuda in ogni parola. Anche un piccolo oggetto, un vecchio gingillo, può scatenare un maremoto nella mente della protagonista.
Altra nota positiva è la caratterizzazione della madre di Johanna, narrata dai suoi ricordi, in ogni suo impercettibile movimento. Vediamo la madre che lei vedeva quando era piccola, la nemica che è diventata dopo, e le possibili versioni che s’immagina Johanna. Eppure, nonostante questo, la sua figura risulta molto chiara, per noi lettori, e molto poco chiara per Johanna, che sembra non riuscire ad accettare l’ovvio davanti ai suoi occhi.
Il vero problema di questo romanzo, è che è talmente ricco di introspezione e sentimentalismo ed emotività e congetture mentali, che è praticamente privo di trama. E quindi, per quanto la lettura risulti piacevole e interessante, è difficile pescare dal libro e dire “Voglio sapere cosa succede”. Il confronto tra le due sembra non arrivare mai.
È un buon libro, per il suo genere, e che verso la fine ha saputo coinvolgermi maggiormente. È scritto bene, e su questo non ci sono dubbi, ma gli intrighi famigliari che potevano tenere attaccati alle pagine sono stati sacrificati per un’analisi psicologica più dettagliata.
In definitiva, mi sento di dare ⭐️⭐️⭐️,5/5.