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A review by chiaras
The Castle in the Pyrenees by Jostein Gaarder
1.0
Tranne per alcuni passaggi significativi, la storia è piuttosto debole.
Non ho provato alcun affetto per i due protagonisti, la loro storia d'amore vive solo nelle loro descrizioni, ma nel presente sono entrambi freddi, troppo gentili, distaccati e presuntuosi nelle rispettive argomentazioni. Sembra un dialogo tra due estremisti, una fervente credente e il tipico prof di scienze ateo e anticlericale.
Leggendo le descrizioni di com'erano da giovani, puoi solo pensare che sono invecchiati malissimo. Durante lo scambio epistolare non sai cos'aspettarti, dove andrà a finire tutto ciò, e se un loro riavvicinamento avrebbe senso.
SPOILER Nelle ultime pagine entrambi confessano di aver vissuto i trent'anni in cui sono stati divisi senza mai dimenticare l'altro, di essere sempre stati innamorati l'uno dell'altro; questo rovina anche ciò che hanno vissuto da giovani, perché la loro separazione non ha avuto alcun senso. I due
si sono separati per un'incapacità di accettare ciò in cui l'altro credeva.
Nelle parti puramente filosofiche ed esplicative, Jostein Gaarder è abbastanza ripetitivo, ripropone argomenti analizzati precedentemente e molto meglio sia ne Il mondo di Sofia che ne La ragazza della arance.
L'unica nota positiva tratta da questo libro si trova nelle ultimissime pagine. (SPOILER: le ultime parole della donna morente sono "Forse aveva ragione Steinn!", riferendosi alla tendenza di questi a combattere la sua visione spiritualista-credente con le sue argomentazioni scientifico-materialistiche. Il marito della donna incolpa Steinn di averla fatta cadere nella disperazione, insinuando in lei il dubbio e facendo vacillare la fede che l'aveva sempre accompagnata durante la vita e l'aveva sempre protetta.)
Di tutto il libro, solo questa pagina mi ha colpito: se la fede procura giovamento a qualcuno, toglierle questo giovamento attraverso le argomentazioni intrise di superiorità di chi crede nella scienza è un atto meschino.
Non ho provato alcun affetto per i due protagonisti, la loro storia d'amore vive solo nelle loro descrizioni, ma nel presente sono entrambi freddi, troppo gentili, distaccati e presuntuosi nelle rispettive argomentazioni. Sembra un dialogo tra due estremisti, una fervente credente e il tipico prof di scienze ateo e anticlericale.
Leggendo le descrizioni di com'erano da giovani, puoi solo pensare che sono invecchiati malissimo. Durante lo scambio epistolare non sai cos'aspettarti, dove andrà a finire tutto ciò, e se un loro riavvicinamento avrebbe senso.
SPOILER Nelle ultime pagine entrambi confessano di aver vissuto i trent'anni in cui sono stati divisi senza mai dimenticare l'altro, di essere sempre stati innamorati l'uno dell'altro; questo rovina anche ciò che hanno vissuto da giovani, perché la loro separazione non ha avuto alcun senso. I due
si sono separati per un'incapacità di accettare ciò in cui l'altro credeva.
Nelle parti puramente filosofiche ed esplicative, Jostein Gaarder è abbastanza ripetitivo, ripropone argomenti analizzati precedentemente e molto meglio sia ne Il mondo di Sofia che ne La ragazza della arance.
L'unica nota positiva tratta da questo libro si trova nelle ultimissime pagine. (SPOILER: le ultime parole della donna morente sono "Forse aveva ragione Steinn!", riferendosi alla tendenza di questi a combattere la sua visione spiritualista-credente con le sue argomentazioni scientifico-materialistiche. Il marito della donna incolpa Steinn di averla fatta cadere nella disperazione, insinuando in lei il dubbio e facendo vacillare la fede che l'aveva sempre accompagnata durante la vita e l'aveva sempre protetta.)
Di tutto il libro, solo questa pagina mi ha colpito: se la fede procura giovamento a qualcuno, toglierle questo giovamento attraverso le argomentazioni intrise di superiorità di chi crede nella scienza è un atto meschino.