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A review by momotan
Prince of Thorns by Mark Lawrence
2.0
Dalla quarta di copertina speravo in un libro alla [a:Joe Abercrombie|276660|Joe Abercrombie|http://photo.goodreads.com/authors/1207149426p2/276660.jpg], ma con un protagonista giovane e di sangue reale al posto degli svariati protagonisti della sua trilogia. Una sorta di giovane e principesco Logen Ninefingers, assetato di vendetta e privo della benché minima parvenza di moralità.
Cosa ho trovato invece?
Di buono il libro ha la scrittura fluente e piacevole, e il ritmo veloce. Non ci sono tempi morti, non ci sono brani noiosi, l'azione è sempre dietro l'angolo.
Il buono però, temo, si ferma qui.
Il peggior difetto del libro è il protagonsita.
Jorg -che è anche il narratore in prima persona, e quindi deve essere ancora migliore come protagonista per la buona riuscita del libro- non è caratterizzato per niente bene.
Nei primissimi capitoli sembra un ragazzino psicopatico dotato chissà come di potenza fisica tale da fargli sottomettere bestioni sanguinari con anni di esperienza.
Poi diventa un ragazzino psicopatico che vuole uccidere suo padre.
Poi un ragazzino psicopatico che vuole essere accettato dal proprio padre.
Poi un ragazzino psicopatico che vuole diventare imperatore.
Il tutto, condensato nei veloci capitoli del libro, mi ha ricordato gli enormi mutamenti subiti dalla personalità di Sandokan nei primi libri di Salgari. Ma quello era un secolo addietro. Adesso una cosa del genere non è accettabile, tanto più se avviene all'interno di un singolo libro.
I richiami alla chiesa e agli antichi filosofi, preludio di un mondo post-apocalittico, potevano essere itneressanti. L'interazione con il sistema di controllo alla camera blindata ha messo la storia al livello del libro della saga di Shannara in cui la strega di Ilse e il solito gruppo di eletti Shannarici andavano a cercare un'antica magia in una terra lontana, solo per ritrovarsi al cospetto dell'antica tecnologia ormai inutilizzabile.
Per non parlare dell'esito del dar fuoco a una sola cassa: se le casse sono così distruttive, una o cento non fa differenza: tutte bruceranno ugualmente. E se le casse sono quello che penso, stare nelle vicinanze della montagna avrebbe dovuto essere letale per tutta la confraternita. Oltre che per i soldati nascosti nella foresta.
Non si capisce come tutta la compagnia di mercenari possa seguire un ragazzino, per quanto atipico, o come il ragazzino possa sconfiggere chiunque in uno scontro.
Alla fine, sembra che l'autore abbia tentato di scrivere una storia alla Abercrombie... ma Abercrombie non vive solo del tono delle sue storie, vive di ambientazioni affascinanti e di caratterizzazioni sopraffine. Personaggi come Glotka o Logen Ninefinger penso rimarranno con me a lungo. Frasi come "Say one thing of Logen Ninefinger, say he's..." ancora adesso mi ritrovo a ripetermele tra me e me, in certe situazioni.
Qui invece abbiamo un vuoto tentativo di imitarlo, cercando di dare un tono al tutto tirando in ballo il ragazzino principe, l'orrore delle violenze, l'intera cosa del gioco in ballo. Ma niente di tutto questo attacca realmente, almeno niente ha attaccato realmente con me. Mentre leggevo pensavo solo a quanto fosse improbabile e incomprensibile il protagonista, e a come cambiasse di continuo.
Per il resto, la storia acquista un minimo di senso solamente negli ultimi capitoli.
Troppo poco, e sopratutto il protagonista non ha alcun senso.
Francamente non capisco come abbiano fatto tanti recensori a dargli voti pieni.
Cosa ho trovato invece?
Di buono il libro ha la scrittura fluente e piacevole, e il ritmo veloce. Non ci sono tempi morti, non ci sono brani noiosi, l'azione è sempre dietro l'angolo.
Il buono però, temo, si ferma qui.
Il peggior difetto del libro è il protagonsita.
Jorg -che è anche il narratore in prima persona, e quindi deve essere ancora migliore come protagonista per la buona riuscita del libro- non è caratterizzato per niente bene.
Nei primissimi capitoli sembra un ragazzino psicopatico dotato chissà come di potenza fisica tale da fargli sottomettere bestioni sanguinari con anni di esperienza.
Poi diventa un ragazzino psicopatico che vuole uccidere suo padre.
Poi un ragazzino psicopatico che vuole essere accettato dal proprio padre.
Poi un ragazzino psicopatico che vuole diventare imperatore.
Il tutto, condensato nei veloci capitoli del libro, mi ha ricordato gli enormi mutamenti subiti dalla personalità di Sandokan nei primi libri di Salgari. Ma quello era un secolo addietro. Adesso una cosa del genere non è accettabile, tanto più se avviene all'interno di un singolo libro.
I richiami alla chiesa e agli antichi filosofi, preludio di un mondo post-apocalittico, potevano essere itneressanti. L'interazione con il sistema di controllo alla camera blindata ha messo la storia al livello del libro della saga di Shannara in cui la strega di Ilse e il solito gruppo di eletti Shannarici andavano a cercare un'antica magia in una terra lontana, solo per ritrovarsi al cospetto dell'antica tecnologia ormai inutilizzabile.
Per non parlare dell'esito del dar fuoco a una sola cassa: se le casse sono così distruttive, una o cento non fa differenza: tutte bruceranno ugualmente. E se le casse sono quello che penso, stare nelle vicinanze della montagna avrebbe dovuto essere letale per tutta la confraternita. Oltre che per i soldati nascosti nella foresta.
Non si capisce come tutta la compagnia di mercenari possa seguire un ragazzino, per quanto atipico, o come il ragazzino possa sconfiggere chiunque in uno scontro.
Alla fine, sembra che l'autore abbia tentato di scrivere una storia alla Abercrombie... ma Abercrombie non vive solo del tono delle sue storie, vive di ambientazioni affascinanti e di caratterizzazioni sopraffine. Personaggi come Glotka o Logen Ninefinger penso rimarranno con me a lungo. Frasi come "Say one thing of Logen Ninefinger, say he's..." ancora adesso mi ritrovo a ripetermele tra me e me, in certe situazioni.
Qui invece abbiamo un vuoto tentativo di imitarlo, cercando di dare un tono al tutto tirando in ballo il ragazzino principe, l'orrore delle violenze, l'intera cosa del gioco in ballo. Ma niente di tutto questo attacca realmente, almeno niente ha attaccato realmente con me. Mentre leggevo pensavo solo a quanto fosse improbabile e incomprensibile il protagonista, e a come cambiasse di continuo.
Per il resto, la storia acquista un minimo di senso solamente negli ultimi capitoli.
Troppo poco, e sopratutto il protagonista non ha alcun senso.
Francamente non capisco come abbiano fatto tanti recensori a dargli voti pieni.