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A review by la_cantina_dei_libri_0
Sperando che il mondo mi chiami by Mariafrancesca Venturo
2.0
Carolina Altieri ha 28 anni e il suo nome è inserito in una lunghissima lista di docenti precari che attendono un ruolo fisso. Nel frattempo, però, deve rimanere in attesa di una qualsiasi chiamata pur di fare qualche ora di lezione, supplenze o rimanere per un giorno “libera”, dove “libera” vuol dire “disoccupata”. Assieme a lei ci sono anche dei suoi amici che vivono la stessa situazione, pendolai e incerti sul da farsi. Attualmente vive ancora con i genitori, ma arriverà l’occasione di riscatto.
Questo libro trasmette perfettamente cosa vuol dire essere precari in Italia, le giornate sono segnate dagli imprevisti di ogni tipo, sempre con il cellulare a portata di mano e continuare ad aggiornare quella maledetta lista per vedere i punteggi e a che livello si è saliti o scesi.
Il ritmo è frenetico, proprio per dare quel senso di instabilità, di non sapere come andrà la giornata e il non poter progettare nemmeno una vacanza senza avere quella sensazione: “e se mi chiamassero proprio ora?”, oltre al fatto di essere continuamente sballottati da una scuola all’altra senza indugio.
Quello che non mi è piaciuto di questo libro è la poca profondità della trama e dei personaggi. Capisco l’intento della scrittrice e su questo ci è davvero riuscita, ma alcuni comportamenti – per quanto purtroppo veri – sono al limite. Moltissime questioni sono state trattate un po' come a riempire la trama, per dare questo senso di docente-che-salva-la-situazione, che proiettate nella vita reale sarebbe un po' troppo (quasi invasione della privacy). Inoltre, uno dei presidi non mi è piaciuto per niente. (Scusate, ma è legale che un dirigente si rivolga all’insegnante in questione con frasi del tipo: “ciao, maestra bella”. Maestra bella? Ma che è? Mi dispiace, ma questi atteggiamenti non li tollero).
Il libro non è male, si fa leggere molto velocemente e il tema trattato, sebbene non sia approfondito, fa capire quanta precarietà e ingiustizia esista ancora nel sistema scolastico italiano, però è un po' tutto “troppo” di fretta, tutto accatastato, alcune dinamiche troppo superficiali (che rimarcano alcuni cliché visti e rivisti) e chi legge ha pochi momenti di respiro.
Carino, ma non il mio genere.
Questo libro trasmette perfettamente cosa vuol dire essere precari in Italia, le giornate sono segnate dagli imprevisti di ogni tipo, sempre con il cellulare a portata di mano e continuare ad aggiornare quella maledetta lista per vedere i punteggi e a che livello si è saliti o scesi.
Il ritmo è frenetico, proprio per dare quel senso di instabilità, di non sapere come andrà la giornata e il non poter progettare nemmeno una vacanza senza avere quella sensazione: “e se mi chiamassero proprio ora?”, oltre al fatto di essere continuamente sballottati da una scuola all’altra senza indugio.
Quello che non mi è piaciuto di questo libro è la poca profondità della trama e dei personaggi. Capisco l’intento della scrittrice e su questo ci è davvero riuscita, ma alcuni comportamenti – per quanto purtroppo veri – sono al limite. Moltissime questioni sono state trattate un po' come a riempire la trama, per dare questo senso di docente-che-salva-la-situazione, che proiettate nella vita reale sarebbe un po' troppo (quasi invasione della privacy). Inoltre, uno dei presidi non mi è piaciuto per niente. (Scusate, ma è legale che un dirigente si rivolga all’insegnante in questione con frasi del tipo: “ciao, maestra bella”. Maestra bella? Ma che è? Mi dispiace, ma questi atteggiamenti non li tollero).
Il libro non è male, si fa leggere molto velocemente e il tema trattato, sebbene non sia approfondito, fa capire quanta precarietà e ingiustizia esista ancora nel sistema scolastico italiano, però è un po' tutto “troppo” di fretta, tutto accatastato, alcune dinamiche troppo superficiali (che rimarcano alcuni cliché visti e rivisti) e chi legge ha pochi momenti di respiro.
Carino, ma non il mio genere.